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L’aborto spontaneo si verifica in circa il 20% delle gravidanze riconosciute. È un serio stress psicologico che spesso si traduce in una dolorosa vergogna personale. Eppure è solo raramente discusso nei media, aumentando così il suo stigma sociale. Le donne stesse (e talvolta gli uomini) sono riluttanti a parlarne con gli altri, al fine di evitare sentimenti di umiliazione. In effetti, molte donne aspettano tre mesi – dopo il quale il rischio di aborto diminuisce bruscamente – persino di annunciare una gravidanza ai loro migliori amici e familiari.
L’impatto psicologico è profondo perché l’aborto è così profondamente connesso al senso di identità e all’autostima di un individuo.
Quando si verifica un aborto, le donne si vergognano di essere danneggiate, di non essere in grado di svolgere la funzione femminile di base di crescere e dare alla luce un bambino.
Sentono una perdita di controllo sulla propria vita, sia presente che futura. Non è solo la gravidanza che si perde, ma anche le speranze e i sogni di una persona per quel bambino nel futuro. Ciò porta spesso a sensi di colpa, dal momento che nessuno vuole infliggere questa perdita al partner che amano.
Come una perdita profonda, un bambino fallito deve essere pianto. E come tutto il lutto, è un processo il cui corso varia da un giorno all’altro per molte settimane e molti mesi. Per molti, il dolore continua per anni, se non per tutta la vita.
Il silenzio sull’aborto nei media aumenta lo stigma sociale ad esso associato e rafforza il senso di una persona che è davvero qualcosa di cui vergognarsi e che non dovrebbe essere condiviso con gli altri.
E questo è davvero spiacevole perché il supporto sociale degli altri è una cosa che sappiamo essere un fattore chiave nell’aiutare le persone a gestire stressanti di ogni tipo. Il silenzio personale impedisce a una donna che ha subito un aborto di sentire che molti altri che conosce personalmente potrebbero aver avuto la stessa esperienza. Le impedisce di ri-inquadrare la sua esperienza per rendersi conto che non è un singolare esempio di donna fallita, ma, invece, che ha avuto un esito non insolito della gravidanza.
Non sono solo la stampa e i social media a plasmare il clima culturale sull’aborto. I libri, sia di saggistica che di narrativa, possono aiutare ad aumentare la consapevolezza e stimolare le conversazioni su di esso. Possono aumentare la comprensione della realtà psicologica vissuta da coloro che hanno sofferto un aborto spontaneo / un feto morto
Ecco alcuni libri che fanno proprio questo.
Attraverso il potere della narrativa, i romanzi possono dare al lettore una comprensione immediata e intensa delle basi psicologiche della brama di un bambino, il trauma di aborto spontaneo / morte fetale e le ripercussioni sul matrimonio e sul futuro.
The End of Miracles, di Monica Starkman, è descritta dalla Booklist dell’American Library Association come un romanzo “che rivela con forza la complessità e la forza della mente umana”. Descrive una donna la cui profonda necessità di sopportare un bambino è sabotata dall’infertilità e aborto spontaneo. Una falsa gravidanza immaginata è solo un modo in cui Margo cerca di affrontare il suo dolore. Viene anche spinta in un ricovero psichiatrico e un atto impulsivo e sorprendente con conseguenze strazianti per se stessa e gli altri. Il romanzo è un viaggio pieno di suspense oltre i confini del dolore, della depressione e della guarigione.
Parlare di questi libri con gli amici o in gruppi di libri aiuta a creare la consapevolezza e l’empatia necessarie per ridurre lo stigma sociale dell’aborto.
Ciò aumenta la probabilità che i malati di aborto acquisiscano coraggio per rivelare la loro situazione agli altri, e così ricevono il conforto e la comprensione necessari per il recupero psicologico dal trauma.