Felicità contro gioia

Riempire il mio vuoto di felicità è stata una quantità altrettanto voluminosa di gioia.

Ero un ragazzo felice. Per me, la felicità ruotava intorno alla libertà di fare praticamente quello che volevo ogni volta che volevo. A 50 anni, senza una famiglia di mio o di un vero lavoro di cui parlare, potrei perseguire qualsiasi e ogni via di felicità del mio progetto senza preoccuparmi delle conseguenze che altrimenti di solito si presentano con un focus su se stessi. Scrivere durante il giorno e festeggiare di notte era per me una perfetta ricetta di felicità, una meravigliosa fusione di intellettualismo ed edonismo. Mantenere questo stile di vita richiedeva di evitare quei due avventurieri di felicità – responsabilità e impegno – ma quella era un’abilità che avevo padroneggiato nel corso dei decenni con una pratica dedicata.

E poi- whoosh- era tutto finito. Una ragazza, un bambino e una moglie (in questo ordine) hanno schiacciato la mia interpretazione personale della felicità come un insetto, con le massicce quantità di libertà che avevo posseduto per tanti anni ormai solo un ricordo letterale e felice. Ho qualche rimpianto per questa precipitosa caduta del mio quoziente di felicità? Proprio nessuno. Riempire il vuoto della felicità è stata una quantità altrettanto voluminosa di gioia, che per me è un tipo di emozione molto diversa. La gioia è un’esperienza più profonda, più ricca della felicità, sostengo, e qualcosa che può venire solo con strette relazioni con altre persone (e forse con animali domestici e altri esseri viventi). L’amore è un ingrediente essenziale della gioia, penso, qualcosa che non è necessariamente vero per la felicità. Inoltre, raggiungere la gioia è possibile solo permettendo a quei due bugaboos di felicità, responsabilità e impegno, di entrare nella propria vita, una lezione che la maggior parte delle persone apprende tra i 20 e i 30 anni.

Sebbene non fosse affatto programmato, soffermarmi nella felicità per i miei primi due atti di vita e gioia nella mia terza ha funzionato molto bene, sono arrivato a credere, con il salto che mi sono reso necessario per farmi evolvere come essere umano. Come ho scritto nei miei libri American Fatherhood e Aging in America , essere un papà più grande ha combinato perfettamente il senso di soddisfazione che spesso deriva dall’invecchiamento, con questi due grandi cambiamenti della vita che creano una potente sinergia di gioia a spese della felicità. Mentre mi manca l’imprevedibilità e l’indipendenza che sono venute con la mia vita felice, la mia vita gioiosa più che compensa. Sarebbe bello avere entrambi, ovviamente, ma per me almeno le due emozioni sembrano essere in gran parte esclusive. Questa è la mia storia personale e non ho alcun giudizio sulle scelte di vita degli altri, devo precisare, dato che ognuno di noi deve seguire la propria strada.