Quanto è importante una voce?

Il modo in cui parliamo dice al mondo chi siamo?

Recentemente ho letto un saggio di Bob Boyers in “The American Scholar” su un evento nella sua adolescenza. Mentre era al college – doveva essere almeno cinquant’anni prima, aveva avuto un eccellente voto in un saggio ed era stato chiamato per parlare con il suo professore, un evento insolito. Si chiese se il professore stava pensando di dargli un premio o forse di offrirgli un lavoro. Quando entrò nell’ufficio del professore c’era un altro professore presente. Il professore ha chiesto a Bob di parlargli del processo di scrittura del saggio. Parlò prima timidamente e poi con più sicurezza pensando che questo dovesse sicuramente riguardare un premio di qualche tipo. Dopo poche parole il professore lo interruppe e si rivolse al suo collega per dire: “Vedi cosa intendo”. L’altro professore annuì solennemente e entrambi i professori precedettero di consigliare a Bob di prendere alcuni corsi di correzione per curare quello che loro chiamavano il suo Brooklynese. Altrimenti, hanno detto, nessuno lo prenderebbe sul serio. Una simile interazione sarebbe impensabile oggi, ma alla fine è stata utile? Sarebbe utile oggi? Siamo ancora giudicati dal modo in cui parliamo? Tali pregiudizi – perché sicuramente questo è quello che sono – esistono ancora? Vorrei suggerire che il modo in cui parliamo ha ancora importanza, che le distinzioni rimangono all’interno della nostra società, anche se potremmo aver provato a velarle oa fingere che non ci siano. La nostra identità è strettamente allineata non solo a ciò che diciamo, ma a come lo diciamo.

Personalmente, venendo dal Sud Africa, sono stato spesso elogiato su quello che gli americani generalmente prendono per un accento inglese, non sempre distinguendo le mie radici coloniali. A volte dico, “È un falso accento inglese.” Altre volte le persone in realtà mi prendono per uno straniero: forse lo scandinavo. Ho anche, naturalmente, incontrato maleducazione quando le persone hanno scoperto che ero del Sud Africa. “Ah! Tu sei uno di quelli! “Qualcuno disse una volta durante il periodo dell’apartheid. Alcune ipotesi sono fatte a causa del nostro discorso. Un accento regionale dirà alla gente qualcosa sulle nostre radici, il nostro background. Anch’io, forse, a causa della mia figlia sorda, ho imparato ad enunciare chiaramente ciò che sicuramente aiuta quando si dà una lettura o un discorso. A volte, quando parlo, una signora anziana verrà dal retro del pubblico e mi ringrazierà per la chiarezza delle mie parole.

Certo, il modo in cui parliamo e persino le parole che usiamo non è il modo di giudicare qualcuno, ma il vocabolario è sicuramente importante. È probabilmente uno dei migliori test di intelligenza. Eppure lo è, dopotutto quello che diciamo e ancor più quello che facciamo alla fine conta. È ciò che è dentro di noi che conta. A livello superficiale, l’accento e la liberazione, l’esattezza delle parole fa ancora impressione. Nel caso di mio marito, proveniente dal Medio Oriente, ricordo di aver pensato che sembrava un cowboy, il che non mi ha fatto piacere!

Riferimenti

Lo studioso americano curato da Sudip Bose, primavera 2018, pubblicato da Phi Betta Kappa