Einstein on Happiness

La felicità era sul grande cervello di Einstein nei primi anni ’30.

Cosa pensava che la persona più intelligente del suo tempo pensasse che gli umani desiderassero di più? “E ‘la felicità che stiamo cercando”, ha detto Albert Einstein a un intervistatore per un giornale tedesco nel 1931, confessando che non gli importava quale sistema politico governasse finché le persone di tutto il mondo erano felici. (Einstein viveva attualmente in Germania, ma si stabilì negli Stati Uniti due anni dopo, quando Adolf Hitler salì al potere.) Ora che il capitalismo aveva fallito (essendo due anni nella Depressione), lo scienziato di fama mondiale continuò, era aperto a tutte le alternative politiche, inclusa una sorta di collettivismo.

La felicità sembrava essere davvero sul grande cervello di Einstein nei primi anni ’30. All’inizio dello stesso anno, tenne un discorso intitolato “Scienza e felicità” al Caltech, chiedendosi se il suo campo stava rendendo il mondo un posto migliore o peggiore. “Perché questa magnifica scienza applicata che salva il lavoro e semplifica la vita ci porta così poca felicità?”, Ha chiesto agli studenti, la sua risposta è semplice: “Non abbiamo ancora imparato a fare un uso ragionevole di questo”.

Albert Einstein non era certo l’unico scienziato a chiedersi se le persone fossero più felici con tutti i progressi fatti negli ultimi decenni rispetto alle persone in epoche precedenti. Lo schianto e la Depressione avevano fatto molti ripensare alla nozione stessa di progresso e sollevato la questione se le generazioni precedenti fossero più felici perché le cose erano più semplici. CE Kenneth Mees, direttore della ricerca per Eastman Kodak a Rochester, New York, ad esempio, ha fatto notizia quando ha detto a un gruppo di colleghi che coloro che vivevano in società antiche migliaia di anni fa erano più felici degli americani del 20 ° secolo. “Qualcuno studente di storia è d’accordo sul fatto che gli abitanti di una città americana sono, nel complesso, più felici di quelli di una città greca o babilonese del passato?”, Ha chiesto ai partecipanti di un simposio (ironicamente indicato come “Progresso dell’ingegneria”) nel 1931.

Mees ha detto che sarebbe letteralmente felice di aver vissuto migliaia di anni fa nei tempi pre-scientifici, senza dubbio scioccando i suoi colleghi ingegneri con un discorso così regressivo. I progressi esponenziali nella scienza fatti da allora devono ancora rendere le persone più felici, studi dopo studio mostrano, supplicando la domanda se mai impareremo a fare un uso ragionevole di esso.