Sono stato invitato da Dave Shannon, LICSW, a tenere un discorso sulla consapevolezza e la psicoterapia al Counseling and Wellness Center del Massachusetts College of Art and Design. Il gruppo era composto da personale e tirocinanti, molti dei quali erano nuovi alla consapevolezza. Dopo una breve meditazione di ascolto, una delle mie pratiche preferite per insegnare ai medici (è possibile ascoltare un download gratuito su www.sittingtogether.com), ho chiesto alla classe quali domande avessero sull'integrazione della consapevolezza nell'ora clinica. Una giovane donna ha chiesto se è possibile utilizzare la consapevolezza con i clienti che hanno l'ADHD. Per lei, chiedere a qualcuno che ha difficoltà a concentrarsi ed essere ancora seduti in silenzio e concentrarsi sul respiro sembrava un set sicuro per il fallimento.
Fortunatamente, avevo appena assistito a una conferenza del mio collega Peter McEntee, LICSW, sponsorizzato dall'Institute for Meditation and Psychotherapy, su Mindfulness e ADHD, che sembra certamente un ossimoro. Mentre può sembrare controintuitivo, la ricerca attuale suggerisce che la consapevolezza può aiutare con i sintomi dell'ADHD. Peter ha trascorso molti anni a lavorare con clienti con ADHD e ha creato la seguente pratica utile e originale. Le implicazioni cliniche sono promettenti.
Quando insegni questa pratica, tienila molto breve, non più di 3-5 minuti. È anche utile usare un timer e non fermarsi solo quando ti senti pronto. Questa pratica riguarda lo sviluppo dell'autocontrollo e il non essere governati dai propri impulsi.
I partecipanti hanno ritenuto che questo esercizio di consapevolezza li ha aiutati a notare ogni pensiero in modo più preciso, come se fossero in possesso di una lente di ingrandimento al pensiero. La pratica li ha aiutati a discriminare di momento in momento se un pensiero era presente o meno. Alcune persone hanno trovato che li aiutava ad avere più chiarezza nel rendersi conto quando la mente vagava. Una persona ha riferito una realizzazione "esistenziale", che è stata che lei ha sempre pensato. Esattamente! Questa è un'intuizione che sviluppiamo nella pratica della consapevolezza. I nostri pensieri sono quasi sempre in corsa, impegnati, saltando da una cosa all'altra. È ciò a cui gli insegnanti di meditazione si riferiscono come "mente scimmia". L'obiettivo non è quello di fermare il flusso mentale, ma di portare consapevolezza amichevole ad esso. In psicoterapia, possiamo usare questa realizzazione per vedere come le nostre menti creano sofferenza. Proprio come non urlare a un cucciolo adorabile che stiamo cercando di allenare, impariamo a non rimproverare noi stessi quando i pensieri sorgono e le nostre menti vagano. Riconoscendo questo, e tornando al respiro, è quello che l'insegnante di consapevolezza Sharon Salzberg chiama "il momento magico". Spesso urliamo ai nostri figli (o ai nostri partner) di prestare attenzione: questa pratica può insegnarci come relazionarci con noi stessi, e alla fine agli altri, con più gentilezza e compassione.
Susan Pollak, MTS, Ed.D., coautrice del libro Sitting Together: Essential Skills for Mindfulness-Based Psychotherapy, (Guilford Press) è un istruttore clinico in psicologia presso la Harvard Medical School