La Passione e Picasso

Nel mio ultimo blog ho discusso un modo importante in cui la gente pensa e capisce il dolore, il tropo del mirroring – proiettiamo il nostro dolore su altre persone e cose (come il cielo o una canzone) in modo che potessimo vederlo (e noi stessi) meglio. Come tutti i tropi, questo tipo di proiezione coinvolge l'immaginazione e funziona su diversi livelli di complessità. Un sofferente può "trovare" il suo dolore nelle cose intorno a lui o può effettivamente crearli de novo, come il mio amico e paziente cronico che ha realizzato quella straordinaria scultura di se stessa: una donna supina su un tavolo da esame con fili che individuano e forse attivano il suo dolore

Ma non tutti possono essere così fantasiosi, specialmente quando sono malati e soffrono. Questo è il motivo per cui la cultura è fondamentale per la salute e il benessere di una società. Il lavoro dei nostri grandi poeti, artisti e musicisti è a disposizione di tutti e può anche agire come specchi, riflettendo i nostri mondi interiori. Quando troviamo difficile articolare e dare un senso al nostro dolore, possiamo guardare i dipinti di Munch e Kahlo, la scrittura di Tolstoy e Toni Morrison, e la musica di Mahler e Gorecki.

Quanto è confortante che qualcuno sia in grado di rappresentare – per mettere in una forma intelligibile – ciò che sembra come i nostri sentimenti profondamente personali, privati, cose che non possiamo esprimere pienamente noi stessi!

Sospetto, tuttavia, che lo specchio più vasto della sofferenza umana – anche a qualcuno come me che non è particolarmente religioso – debba essere la passione di Cristo raccontata nel Vangelo e illustrata in innumerevoli dipinti, alter- tori e icone. Per il credente che è malato o in lutto, o che ha sofferto in innumerevoli modi, il cristianesimo ha fornito un'immagine accessibile e potente che esprime il suo dolore e, così facendo, allevia alcuni dei suoi attributi più angoscianti: la sua amorfa, invisibilità, incomunicabilità e isolamento.

Gesù in extremis parla in extremis al sofferente in toni confortanti e consolanti: come io soffro, tu soffri. Altri potrebbero dubitare, ma mai me. Capisco quello che stai passando e condividi il tuo dolore. Non sei solo.

Come medico che si prende cura dei malati, come paziente che ha vissuto una buona dose di dolore, e come una persona normale che ha perso e sofferto in modi ordinari, sarò sempre grato per la generosità di artefatti religiosi e culturali presso il nostro smaltimento che fornisce conforto nei momenti di bisogno. Non dipendenti dalla buona volontà e dalla generosità di una persona in particolare, sono lì per noi anche quando i nostri medici, coniugi e amici non lo sono.